domenica 27 ottobre 2013

Fake BrewDog ... Made in China

Un fake (falso) BrewDog … No, questa volta non ha nulla a che vedere con il loro birrificio, con una qualche loro birra o idea o creazione… nemmeno ha a che vedere con la loro Fake Lager …



… questa volta il fake BrewDog ha a che vedere come la Cina, che sicuramente non fa molto per levarsi di dosso la nomea di paese dei falsi, dei tarocchi, delle contraffazioni (fermo restando comunque le eccellenze la prodotte) … ebbene questa volta sono riusciti a clonare una birreria in stile BrewDog… i c.d. BrewPub…



...ecco il tweet di James  Watt, socio e fondatore del birrificio che avverte come il locale cinese in questione non abbia nulla a che vedere con i loro prodotti ed è un falso, fake appunto… ora a parte che la notizia mi fa solo che sorridere, mi sorge spontanea una domanda… visto non sono affiliati a BrewDog… che birra venderanno al loro interno ¿?  faranno una birra artigianale fake spacciandola come originale BrewDog?¿


…In (real) Beer We Trust…  

sabato 26 ottobre 2013

Snake Venom; la birra da 67,5% gradi

“I limiti sono fatti per essere superati” recita un adagio che tutti conosciamo, e ciò vale per tutti i campi della vita e vale pure nel mondo brassicolo dove si aggiunge un ulteriore capitolo alla decennale saga della birra con il grado alcolico più alto …



… ecco infatti che il birrificio scozzese Brewmeister, già produttore della Armageddon, una birra in stile Eisbock da 65% ABV il 24 ottobre ha presentato e lanciato l’ultima creazione; la Snake Venom, una birra in stile Barley Wine da 67,5% ABV (e che giusto per la cronaca fa’ 2.025 calorie).
Il prezzo di vendita si aggira sugli 80 dollari a bottiglia… 



...che dire, una birra da meditazione da condividere con gli amici in queste giornate che si avviano verso l’inverno!! Non resta che ordinarla via Internet (che gran comodità) e aspettare che il fattorino arrivi a portarmela… Cheers !!



…In Beer We Trust…

venerdì 25 ottobre 2013

Per una definizione di European Craft Brewery

Il giorno 16/10/2013 esce un post alquanto polemico sul sito web del birrificio scozzese BrewDog. Li per li sono rimasto basito, come molti penso aver riso e goduto nel sentirli ribattezzare una birra come la Blue Moon in “Blue Fucking Moon”, ma poi facendomi serio e iniziando a pensarci a mente fredda qualcosa non mi torna…



Il senso del comunicato di James & Martin, soci e fondatori di BrewDog, è il seguente; l’esigenza di definire a livello di Comunità Europea cosa sia un birrificio artigianale e di conseguenza una birra artigianale . Negli Stati Uniti infatti la Brewers Association ha già da tempo dato una definizione generale di birrificio artigianale che è la seguente; 

Deve essere “piccolo” nel senso di avere una produzione annuale inferiore ai 6.000.000 di barili di birra che sono all’incirca 700.000.000  di litri.

Deve essere “indipendente” perché economicamente svincolato dalle grosse aziende del beverage, che possono comunque partecipare controllando fino ad un massimo del 25% del capitale del birrificio.

Deve essere legato alla “tradizione” nel senso che almeno il 50% della produzione deve essere prodotta con solo malto d’orzo.



Ora i ragazzi di BrewDog propongono una loro classificazione come base di spunto da cui partire per una definizione di Birrificio Artigianale Europeo (European Craft Brewery);

Deve essere “piccolo” ovvero avere una produzione di 500.000 ettolitri all’anno.

Deve essere “autentica” ovvero essere prodotta alla “Gravità Originale” (OG;  La gravità è la densità del mosto non fermentato, che è dovuta principalmente alla quantità di zuccheri disciolti) inoltre non devono essere impiegati i c.d. aggiunti come riso, mais, e altri ingredienti al fine di modificare il sapore e abbassare i costi di produzione.

Deve essere “onesto” nel senso che tutti gli ingredienti devono essere riportati nelle etichette, le birre devono essere tutte prodotte all’interno del birrificio la cui ubicazione deve essere riportata e ben visibile sull’etichetta.

Deve esse “indipendente” perché svincolato dalle grosse aziende del beverage che possono al massimo partecipare fino ad un 20% del capitale.



Ma quando all’inizio parlavo di qualcosa che non mi torna in testa mi riferivo ai seguenti ragionamenti… come mai ora di punto in bianco se ne vengono fuori con questa esigenza come fosse la cosa più importante al mondo?¿ Perché offendere una birra come la Blue Moon (giusto per chiarire Blue Moon era un birrificio indipendente, ma di recente è stato acquistato dal gigante del beverage ABInBev, ora la Blue Moon continua a farsi chiamare birra artigianale sebbene non ne abbia più i requisiti… ma siccome vende tanto e bene si è attirata le ire e le prese in giro di tantissime persone). Perché prendersela con una birra americana?¿ cosa interessa a loro visto si parla di Europa? Ma forse era un’indiretta alla Tennent’s che aveva appena dichiarato di iniziare una produzione di birra artigianale nella cittadina di Glasgow …. (Tennent’s era di proprietà del gruppo ABInBev ora passata alla Wellpark Brewery… quinti tutto meno che qualcosa di artigianale)?¿

Inoltre perché non possono essere usati materiali come riso o mais?¿ cosa hanno di male?¿ perché invece usare viagra o anabolizzanti nella birra è più nobile ¿¿ o fare birre da 40 gradi fa’ più artigianale che usare riso?...  



Proprio non capisco come mai BrewDog, che si è sempre distinta per la sua anarchia e indipendenza, per il suo stile punk e non conforme, per l’idea di libertà che mi ha sempre ispirato fiducia e mi ha fatto divertire, ora di punto in bianco se la prendono con il sistema, ma non per scuoterlo ma per regolamentarlo! Cosa è successo?¿ sono invidiosi (come ho letto qualche commento) del boom delle birre artigianali che sta attraversando gli Stati Uniti … o hanno finito le idee per sorprendere noi consumatori (un po’ Geek) che spendiamo anche 20-30 euro per una loro bottiglia?¿ … restiamo in attesa di ulteriori sviluppi della situazione…



…In Beer We Trust…



martedì 22 ottobre 2013

Purl; la birra all'assenzio

[…] “I purl men sono venditori di birra”, spiegò l’uomo, con grande sollievo di Christina. “Sono i loro campanelli, quelli che sente, cercano di farsi notare dai marinai sulle navi ormeggiate. Un tempo aggiungevano assenzio alla birra, il purl e il nome è rimasto” […].

E’ un passaggio del nuovo libro “La Tomba Proibita” di Tim Powers. Ora, dopo aver letto una cosa del genere non potevo non andare a curiosare a approfondire l’argomento, in quanto si parla nello stesso insieme di vari argomenti che sempre mi hanno emozionato; Birra e Artemisia Absinthium o Assenzio Maggiore che ci fornisce, tra gli altri, due prodotti eccezionali quali l’Assenzio e il Vermouth. 

[…]Inverno 1862. Uno spirito malvagio si aggira per le fredde e cupe strade di Londra […] non voglio rivelare di più del libro, ma riporto la frase perché iniziamo a inserirla in un contesto storico, diciannovesimo secolo e Londra, o meglio dire Inghilterra.

Ma facciamo un salto ancora più indietro nel tempo; nel 1690 l’allora re d’ Inghilterra Guglielmo III di Orange vietò l'importazione di distillati stranieri, primo fra tutti il cognac degli acerrimi nemici francesi, favorendo così l'utilizzo delle eccedenze di cereali per la produzione di alcool da destinare alle distillerie di gin, oltre che alla produzione delle birre Ale (birre ad alta fermentazione). La produzione divenne così importante che addirittura si arrivò ad utilizzare il gin come parte del salario da destinare agli operai; le conseguenze furono gravi ed importanti soprattutto dal punto di vista sociale per l'aumento del tasso di alcolismo nella popolazione più povera con importanti ripercussioni di ordine pubblico e di sicurezza.

William Hogarth, "La strada del Gin", 1751


Il governo inglese tentò di porre rimedio con il Gin Acts, tra il 1729 e il 1751, soprattutto aumentando la tassa di distillazione di tale bevanda ma senza esito (giusto per rendere l’idea nel 1743 su una popolazione di 6 milioni,  vengono distillati 70 milioni di litri). Contemporaneamente in Francia ha molto successo, accanto ai vini, un distillato ad alta gradazione alcolica all'aroma di anice derivato da erbe quali i fiori e le foglie dell' Assenzio Maggiore (Artemisia Absinthium), dal quale prende il nome di Assenzio.



Contemporaneamente in Italia fu inventato il Vermut nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano a Torino che è un vino liquoroso aromatizzato da piante aromatiche, delle quali la più importante è appunto l' Assenzio Maggiore.

Tutto questo per far notare come Ginepro e Assenzio Maggiore siano di facile reperibilità nel panorama Europeo, e se consideriamo che l’uso del luppolo, per le sue doti amaricanti, nelle Ale inglesi è di recente datazione, fatta eccezione per le birre in stile India Pale Ale, che comunque erano destinate alle colonie lontane, si comprende un po’ meglio come questi ingredienti siano finiti all’interno della birra che verrà comunemente chiamata Purl; bacche di ginepro per aromatizzare, visto era un sapore che piaceva alla maggioranza e, assenzio per equilibrare la dolcezza, grazie agli oli amaricanti presenti in esso, inoltre ha una funzione antisettica. 



Dal libro del 1802 “The complete family-brewer” di Thomas Threale’s ecco la ricetta del Purl:

Roman Wormwood, two dozen,
Gentian root: 6 lb,
Sweetflag root: 2 lb,
Galanga root: 1-2 lb,
Horseradish: 1 bunch,
Dried orange peel from the Indies: 2 lb,
Juniper berries: 2 lb,
Seville orange seeds, dried: 2 lb.

Il tutto viene posto in una botte, a cui si aggiunge birra in stile Pale Ale o Mild e si lascia a maturazione per una stagione.

Oggi è uno stile molto particolare e difficile da trovare, da quello che so', una versione simile viene prodotta dal birrificio Sonoma Springs , con sede in California e chiamata Green Purl. 

…In Beer We Trust…
   
 

venerdì 18 ottobre 2013

L' America sta per avere la sua prima birra Trappista

In un precedente articolo sulle birre Trappiste e le birre d’ Abazia, scrivevo la seguente frase : “ `[…] ma nulla impedisce ad un nuovo monastero trappista di potersi fregiare del logo Authentic Trappist Product nel momento in cui rispetti le regole […]”. Mai fase fu’ più profetica di questa… e infatti da qualche ora gira in rete la notizia che alla lista degli 8 monasteri abilitati ad usare il marchio Authentic Trappist Product se ne sta per aggiungere un’ altro. 



Voglio ricordare che 6 monasteri sono ubicati in Belgio, 1 in Austria e 1 in Olanda, mentre il nuovo viene direttamente… (… creiamo un po’ di suspance …) dagli Stati Uniti ¡! 



Infatti il monastero cistercense di St. Joseph's Abbey, nella cittadina di Spencer, Massachusetts, ha ottenuto il riconoscimento dall’Associazione Trappista Internazionale (ITA) affinché la birra da loro prodotta possa fregiarsi del logo Authentic Trappist Product.



Dall’etichetta si evince che probabilmente sarà un birra in stile Golden Ale, da 6,5% ABV.



Sono davvero contento di questa notizia e spero di poter provarla il prima possibile, nonostante l’ultima volta che questo è avvenuto, il risultato è stato inferiore alle aspettative (parlo della prima volta che ho provato quella che era la “nuova” trappista Austriaca, la Benno… )

…In (Trappist) Beer We Trust… 

martedì 15 ottobre 2013

Birrifico Lucky Brews e la loro Winternest

Mi fa’ sempre piacere quando incontro qualcosa che riesce ad emozionarmi… e nel campo delle birre oramai non è cosa semplice, visto ho la fortuna di averne provate e degustate molte (rispetto alla media delle persone, non in assoluto ovviamente). Ma l’altro giorno sono tornato ad emozionarmi (come un bambino); era in programma in un paese vicino dove vivo io il festival chiamato “Arte Cultura e Luppolo 3^ Edizione (Festival della birra Artigianale)” a cui partecipavano vari birrifici, c’erano ricchi stand dove mangiare, mercatini e mostre…  e ovviamente non potevo mancare ¡! Ora la qualità generale della birra mi è sembrato davvero buona, l’unico appunto che mi permetto di fare è il seguente, ma che vale in generale anche per altre manifestazioni simili… Il bicchiere di birra costava 3,50 Euro… ma non critico il prezzo in se, conosco bene i prezzi di produzione/tasse/lavoro …  critico la quantità di birra che servono, NON nel senso che il bicchiere era troppo piccolo, anzi ¡! Era troppo grande, per chi come me vuole provare il più possibile risulta difficile bere bicchieri di birra da 20 cl, perché se io inizio con una Bock da 7,5% Scotch Ale da 7,5% Tripel da 8,5% … arrivato alla terza stavo già pieno… sarebbe stato bello aver potuto avere, chiaramente sempre pagando (questo non si discute) un assaggino di tutto, così da poter provare una varietà maggiore di prodotti…  
Ma torniamo a noi ¡! Tra le poche provate non potevo farmi mancare la nuova creazione del birrificio Lucky Brews “Raw but Different” che proprio alla manifestazione lanciavano l’ultima creazione ovvero la Winternest, una Scotch Ale da 7,5%. 



Premetto che partivo con grande aspettative visto sono solito bere le loro birre Japa e Apollo...



...e così dopo aver fatto quattro chiacchere con il mastrobirraio che mi ha spiegato un po’ la storia e le caratteristiche della birra, con il mio bel bicchiere in mano mi accingo a berla…. Primo sorso…  Birra affumicata, ma a differenza di una birra tedesca in stile Rauchbier il sapore è più dolce, meno a affumicato nel senso di sentori a legno, e più a malto affumicato, dolce, avvolgente, equilibrato! Mi desto dal torpore sei sensi e inizio a riflettere tra me e me, prendo la bottiglia e scruto tra gli ingredienti il malto  Peated, lo associo allo stile ed ecco che tutto mi è più chiaro; il malto Peated è anche conosciuto come Peated Whisky o Smoked, ma a differenza di altri malti affumicati è essiccato con la torba, un carbone di origine vegetale tipico delle regione della Scozia.



Detto in maniera volgare e per semplificare il concetto, viene impiegato malto d’orzo che si utilizzerebbe per la produzione del whisky. Questa tradizione nasce nella Scozia del 19 secolo modificando la ricetta delle Pale Ale Inglesi che tanto andavano di moda, e l’impiego di malti affumicati fu’ storicamente usato per compensare nel gusto la carenza di approvvigionamenti di luppoli che non riuscivano a crescere nelle fredde regioni della Scozia.

Una ottima birra anche se non facile da bere per tutti! Una birra da meditazione per l’inverno che avanza... 



Dimenticavo di citare l’altro ingrediente fondamentale della linea di birre della Lucky Brews; come riportato sulle etichette tutte le loro birre contengono lo 0,01% di fortuna (data dall’uso di quadrifogli). Sembra poco, ma non guasta mai! 

…In Beer We Trust…

lunedì 7 ottobre 2013

Dikke Mathile ... la “Grossa Matilde”


“La chiamavano bocca di rosa 
metteva l'amore, metteva l'amore, 
la chiamavano bocca di rosa 
metteva l'amore sopra ogni cosa…” 

Così cantava l’indimenticato De Andrè, e proprio a lui ho pensato quando mi è stata offerta questa birra belga; la Dikke Mathile, una birra in stile Belgian Ale da ABV 6%.




Dikke Mathile significa la “Grossa Matilde” e fa riferimento alla statua dedicata al mare che si trova nella città portuale di Ostenda, cittadina belga delle Fiandre Occidentali. Ora detta così sembra un’innocente statua, ma non tutti sanno che in realtà Matilde era una “famosa” prostituta del porto e il suo sguardo è rivolto verso il mare in attesa del rientro delle barche… e di conseguenza dell’ arrivo dei clienti…



Birra dal colore ambrato con una schiuma dal bellissimo color avorio, densa e persistente. Al naso si sentono i profumi dell’ albicocca e della banana. Il gusto è deciso e parte con un gusto dolce e caldo, grazie ai suoi ABV 6%  per poi arrestarsi e virare su sentori amarognoli tipici delle birre ambrate delle Fiandre.

…In Beer We Trust… 

mercoledì 2 ottobre 2013

Stili di Birra





Questa immagine la voglio dedicare ad un “caro cliente” che, dopo avergli gentilmente chiesto che birra volesse ordinare o comunque come la preferisse, arrivando pure ad usare aggettivi/parole come “doppio malto”, “bionda”, “rossa”, ”belga” … mi invita “gentilmente” a smetterla di dire cazzate perché  (testuali parole):

“La birra è birra e non venire fuori con queste cazzate di birre strane perché  sono solo un’invenzione!! La birra è birra ripeto per cui dammene una…” 

Ovviamente l’ho accontentato con la prima birra (bionda, annacquata, con mais ed estratti di luppolo) che avevo sotto mano e il tutto è finito li… e pensare che è pure simpatico dopo averlo conosciuto (ovviamente parlando d’altro per venire incontro alle sue limitate capacità cerebrali).
Questo per  dimostrare quanti stili e sotto-stili esistano, inoltre l’evoluzione continua porta sempre alla definizione di nuovi stili cosi come capita che altri perdano appeal o vengono dismessi, magari perché non incontrano più il piacere del pubblico. Inoltre come già detto in passato ad ogni birra va servita nel suo bicchiere, e magari alla temperatura adeguata allo stile…  


…In Beer We Trust…