lunedì 9 dicembre 2013

Il mercato nero delle birre pt.2

Ne avevo parlato già qualche mesa fa’ sul fenomeno del “mercato nero delle birre” e devo dire che la personale battaglia del birrificio americano The Alchemist continua e si arricchisce di un nuovo capitolo;



Il Department of Liquor Control dello stato americano del Vermont ha infatti arrestato e multato la ventottenne tale Stephanie Hoffman per aver cercato di vendere sulla piattaforma Craiglist, cinque casse di birra Heady Topper IPA, ovvero 120 lattine in tutto, al prezzo di $ 825 dollari, quando facendo due calcoli il prezzo di vendita è di 3 dollari a lattina per un totale di $ 360 dollari. Cosa avrà spinto la ragazza a operare un così alto rincaro sul prezzo della Heady Topper IPA ?¿ Sicuramente il boom che sta avendo la birra artigianale negli Stati Uniti con la conseguente rivalutazione di birrifici fino a qualche tempo fa sconosciuti e che si trovano ora nel “centro del ciclone” di questo boom, o moda, che dir si voglia. Basti pensare senza allontanarci troppo che il birrificio The Alchemist, ha visto, negli ultimi due anni la produzione passare da 30 a 180 barili a settimana, e poco tempo fa’ ha dovuto chiudere le porte del piccolo Brewpub che avevano aperto nel birrificio dopo le continue lamentele dei vicini per il numero sempre maggiore di visitatori che esso attirava, con le conseguenti ripercussioni su viabilità, ordine pubblico e decoro urbano. 



Per tornare ad un evento che ci riguarda più da vicino e che sempre riguarda il “mercato nero delle birre”, come riporta il quotidiano inglese Morning Advertiser, il mese scorso sono state rubate nella cittadina di Leeds, 20 casse dell’italiana L' Equilibrista del birrificio Birra del Borgo, 10 casse di Tipo Pils e altre birre tra cui la Zona Cesarini del birrificio Toccalmatto; gli inquirenti credono che il furto sia stato effettuato su commissione e che le bottiglie verranno rivendute appunto al mercato nero (basti pensare che una bottiglia di Equilibrista da noi sta sui 19 euro a bottiglia mentre in un pub inglese la si vende a 35/40 euro) 

…In Beer We Trust…       

mercoledì 4 dicembre 2013

Pilsner Urquell, la prima "bionda" della storia

Sebbene sia molto popolare e facile da reperire qua in Italia, forse non tutti sanno la storia che sta dietro questa fantastica birra... la Pilsner Urquell.






La sua prima apparizione, segna infatti una rivoluzione nel mondo brassicolo e nella cultura della birra, non solo a livello regionale nell’ area di Plzeň in Rep. Ceca, di dove è originale, ma a livello mondiale. Prima di allora le birre erano per la maggioranza ad alta fermentazione ( ALE ), o a fermentazione spontanea, scure e affumicate visto l’uso di legnami/torba/paglia per essiccare i malti, pesanti e ricche di minerali, vista la qualità delle acque usate e torbide, visto non venivano filtrate. Ma nel novembre 1842, grazie all’ intuizione del mastro birraio Josef Groll tutto ciò stava per cambiare...



...Groll infatti nella costruzione del birrificio presso la città di Plzeň adotto accorgimenti che cambiarono per sempre il modo di bere e vedere la birra. Introdusse la bassa fermentazione ( LAGER ) come già facevano alcuni tedeschi nella zone della Baviera, per fare ciò costrui tunnel sotterranei sotto il birrificio cosi da controllare le temperature e i tipi di lieviti presenti. L’attenzione per la qualità delle materie prime usate; l’acqua blanda e dolce della fonte, i malti provenienti dalla Moravia, e l’utilizzo del luppolo Saaz, uno dei luppoli nobili che si caratterizza per le note profumate più che per il potere amaricante. Introdusse inoltre l’uso di caldaie di rame, riscaldate indirettamente dal fuoco cosi da rendere minima la caramellizazione dei malti ed eliminare le tracce di fumo/affumicato. Il risultato, presentato l’11 novembre 1842 presso il mercato della città ebbe un successo eclatante che la fece nel giro di pochi anni arrivare in tutti i paesi europei e non solo, anche se conseguentemente al successo arrivarono imitazioni da tutte le parti, tutti infatti vollero copiarla e produrne una copia all’interno del loro birrificio… tutti volevano produrre una Pilsen/Pils/Pilsner, tanto che per tutelare il prodotto nel 1898 venne aggiunta la parola “Urquell”  che significa “della fonte originale” così da poterla distinguere e ribadire con forza l’originalità del prodotto. 



Accanto ad un prodotto così rivoluzionario, e di qualità, è giusto anche ricordare una concausa del successo di questa birra; come detto le birre precedenti erano scure e torbide e per questo servite in tarri di porcellana o scodelle, mentre ora il color giallo intenso e dorato, il fine perlage, la densa e robusta schiuma bianca vogliono essere mostrati e risaltati, cosi che la nuova birra venne servita in bicchieri di Cristallo di Boemia (che è appunto la stessa regione della città di Plzeň) contribuendo così al successo planetario di entrambi. 



E se qualcuno pensa che dopo 151 anni dalla sua nascita la Pilsner Urquell abbia stufato o sia superata dovrà ricredersi; gode infatti di ottima salute e per citare l’ultimo dato in ordine di tempo ha avuto una crescita nel mercato inglese del 5% negli ultimi 6 mesi, il dato di crescita maggiore… per la gioia del gruppo SABMiller che ne è il proprietario.

…In Beer We Trust…      

mercoledì 27 novembre 2013

La nuova birra più costosa al mondo ?¿

Ritorniamo a parlare delle birre più care al mondo perché oggi scopriremo se dovremmo aggiornare ancora la classifica!

Per meglio dire… sicuramente già ora è da aggiornare, visto il prezzo d’asta per la bottiglia è di $9750 dollari… resta da scoprire quanto i rilanci ne faranno subire il prezzo!!

Oggi (mercoledì 27) sta per andare in vendita, presso la casa d’aste Wallis & Wallis a Lewes, in Inghilterra una bottiglia molto particolare di cui abbiamo già parlato. 



Il lotto 221 oltre a contenere alcune lettere e cimeli storici, presenta pure una bottiglia di Lowenbrau Lager  “sopravvissuta” al disastro aereo dell' Hindenburg il 6 maggio 1937. Il disastro è ricordato a causa della sua straordinaria copertura da parte di cinegiornali, fotografi e della testimonianza radiotrasmessa dal campo d'atterraggio dell'annunciatore Herbert Morrison. Le parole di Morrison non vennero trasmesse se non il giorno dopo, ma rimasero celebri le parole pronunciate al momento dell'impatto: "Oh, the humanity!".



Ora una bottiglia del genere è stata venduta precedentemente per $16.000 dollari, vediamo questa a che cifra arriverà ¡! 



Bisogna ricordare che la bottiglia ha un mero valore storico più che per il suo contenuto (che quasi sicuramente è alterato) e ciò che la rende appetibile dai collezionisti è che, nonostante molte altre bottiglie siano sopravvissute al disastro, ad oggi se ne conoscono solo 6 bottiglie… per cui se siete interessati, sotto con le offerte !!

…In Beer We Trust… 

martedì 26 novembre 2013

Birra e ... additivi, coloranti, antiossidanti, addensanti....

Dimenticate il Reinheitsgebot, ovvero l' Editto della Purezza tedesco e tenetevi ben saldi alla vostra sedia… quella che va ad iniziare è una sorta di “galleria degli orrori” della birra!!

Basta un po’ di pazienza e mettersi a leggere le etichette delle birre che si trova di tutto e di più tra gli ingredienti con cui vengono prodotte, e se ciò non bastasse cè internet a raccontarci altre storie, ma iniziamo;



Caramello, ovvero E 150c; colorante artificiale bruno, che può essere prodotto con l'uso di organismi geneticamente modificati. E' un caramello che viene prodotto mediante riscaldamento di carboidrati in presenza di composti ammoniacali come idrossido di ammonio, carbonato di ammonio, bicarbonato di ammonio e fosfato di ammonio.  



Metabisolfito di Potassio, ovvero E 224; Il metabisolfito di potassio è utilizzato principalmente come conservante, oltre che come agente decolorante.



Acido L-ascorbico, ovvero E 300; è più conosciuto come vitamina C di sintesi. Come additivo però non esplica azione vitamica, ma è un antiossidante che impedisce l' imbrunimento.

Cocciniglia, ovvero E 120; La cocciniglia è un colorante naturale rosso, ricavato dall'omonimo insetto, appartenente alla famiglia della coccoidea. Una volta ottenuta la polvere macinando il carapace degli insetti, questa viene trattata con acqua calda per estrarre l'acido carminico, che è la molecola colorata.



Sale sodico dell'acido lattico, ovvero E 270; L'acido lattico ed i lattati sono usati come conservanti, principalmente contro funghi e lieviti. Sono anche usati per aumentare la stabilità degli anti-ossidanti e per prevenire l'essicazione di vari prodotti.

Acido Lattico; serve a bilanciare il PH del mosto di birra.

Colla di Pesce; di origine animale, usata nel processo di chiarificazione della birra.

Acido Alginico e Sali, ovvero E 400 – 404; aumenta la consistenza delle bollicine, che durano di più.



Anidride solforosa, ovvero E 220; E' un gas incolore, usato come conservante per prevenire il deterioramento sia batterico che enzimatico dei prodotti. Agisce anche come agente anti-ossidante con un effetto sbiancante.   

Betaglucanasi Termostabile; Accorcia i tempi di lavorazione e agevola i processi di riduzione della viscosità del mosto.

Una breve carrellata giusto per aprire un po’ gli occhi, e magari iniziare a leggere le etichette… Mi preme ricordare che gli ingredienti sopra menzionati sono tutti perfettamente legali e sicuri e non sono tossici per l’ uomo (almeno spero visto ne ho bevute molte per provarle)… e sono solo una parte di ingredienti chiamiamoli “non convenzionali” che si usano. 

…In (Real) Beer We Trust…

martedì 19 novembre 2013

¿ AB InBev/SABMiller accordo in vista ?

La notizia è di un mese fa’, anzi, in realtà, è da molto più tempo che si parla di ciò, ma mi sembra giusto riportarla se non altro per approfondire di più l’argomento. Il fatto è il seguente; il 50% della produzione di birra al mondo è in mano a 4 gruppi; AB InBev, SABMiller, Heineken, Carlsberg. La notizia rilanciata dalla Reuters e dal Financial Post riguarda una possibile fusione tra i due gruppi più grandi, AB InBev e SABMiller, per un affare che gira nell’ ordine di 100 miliari di dollari… 



La difficoltà ad inserirsi nei mercati asiatici, sebbene SAB abbia una join venture con il lider del mercato Snow (che ricordo è la birra più venduta al mondo), l’inserimento di nuovi gruppi sulla scena mondiale che portano a rilanci sui prezzi, non ultimo il caso di Heineken che per mettere mano sull’ Asia Pacific Breweries (birra Tiger) ha dovuto sborsare 959 milioni di dollari, somma 35 volte più alta della cifra iniziale, causa inserimento nella trattativa di ThaiBev, l’aumento di quote di mercato delle birre artigianali, sono tra i fattori principali che starebbero portando al clamoroso accordo tra i due giganti… si mormora che non è più una questione di SE si farà l’accordo, ma di QUANDO si farà l’accordo.

Ma tornado sui due soggetti mi soffermo un po’ sulle vicende che li hanno fatti diventare i due gruppi più grandi;



Nel 2004 il gruppo Interbrew, nato a seguito della fusione, tutta belga, delle industrie della birra Stella Artois e la distilleria Piedbœuf che produce la birra Jupiler, effettuò un'operazione di fusione aziendale con la fabbrica di birra brasiliana Companhia de Bebidas das Americas (AmBev), a sua volta nata nel 1999 dalla fusione dei due birrifici più grandi del Brasile; Brahma e Antarctica, per formare il gruppo InBev. Nel 2008 a seguito di una fusione da 52 miliardi di dollari, il colosso belga InBev si fonde con quello americano Anheuser-Busch, produttore della birra Budweiser, dando vita al gruppo AB InBev, il più grande produttore di birra a livello mondiale ¡! Che per non farsi mancare nulla nel 2012 finisce l’acquisto del gruppo messicano Modelo, il produttore della birra Corona per una cifra di 20,1 miliardi di dollari.
Per ricapitolare si può dire spicciamente che il gruppo AB InBev detiene i seguenti marchi; Corona, Beck's, Stella Artois, Budweiser, Brahma, Leffe, Hoegaarden, Franziskaner, Quilmes, Oranjeboom, Goose Island... da notare che 4 delle 10 birre più vendute al mondo appartengono a questo gruppo.



Nel 1999 il gruppo Sudafricano, South African Breweries (SAB), produttore della birra Castle, acquistò, da Altria Inc (ex gruppo Philip Morris), la nordamericana Miller Brewing Company, produttrice della birra Miller Lite, cambiando il suo nome in SABMiller. Nel 2003 il gruppo si espande ed acquista il gruppo Bavaria S.A., il secondo più grande produttore di birra del Sud America e produttore della birra Águila e Club Colombia. Sempre nello stesso anno SABMiller acquistò il 29,6% di Harbin Brewery, il più antico birrificio cinese, preparandosi a beneficiare della crescita del settore della birra nei mercati in via di sviluppo, proseguito successivamente con una joint venture con China Resources Snow Breweries (CRB) produttrice della birra Snow (la più venduta al mondo). Nel 2005 completa l’acquisizione della società italiana Birra Peroni Spa. Nel 2007 sempre tramite joint venture con il gruppo Molson Coors Brewing Company, nato della fusione del gruppo canadese Molson, e quello americano Coors, nasce il gruppo MillerCoors per meglio entrare nel mercato americano. Nel 2011 acquista il gruppo australiano Foster’s per la cifra di 10 miliardi di dollari.
Per ricapitolare il gruppo SABMiller detiene nel suo portafoglio i seguenti marchi; Pilsner Urquell, Peroni Nastro Azzurro, Fosters, Dreher, Grolsch, Miller Genuine Draft,  Castle, Cusqueña, Aguila, Club Colombia,  Miller Lite, Olde English 800, Milwaukee’s Best.

…In Beer We Trust…




venerdì 15 novembre 2013

Mashup Beer


Oggi mi avventuro a parlare di un settore di mercato un po’ nascosto ma che esiste e anche se è poco esplorato e conosciuto sta vivendo uno sviluppo constante, nonostante molte volte sia avverso e deriso da ignoranti (nel senso che ignorano l’argomento… ma come si dice; chi non sa, insegna…). Non ha un termine preciso, ma Mashup (mischiare) Beer rende molto bene l’idea. Infatti, l’idea che sta alla base, è quella di fondere stili ben precisi di birra così da crearne uno nuovo!!  All’inizio furono gli inglesi a fare scuola con la loro birra stile Porter. La leggenda  vuole che i lavoratori londinesi fossero soliti bere una birra chiamata "three threads" (tre terzi): un miscuglio o mashup tra una birra Ale giovane, una Ale “più vecchia” e una c.d. "twopenny", una Old Ale più nobile ed alcolica delle precedenti, che con il passare del tempo diverrà appunto una Porter… ma ecco cosa si può trovare ai giorni nostri…



Samuel Adams Dark Depths; una Black IPA (uno stile nuovo ancora in via di classificazione) una Porter molto luppolata (IPA) ma fermentata a basse temperature con lieviti Lager. Un mix tra malti tostati, sapori citrici dei luppoli uniti alla scorrevolezza di una birra Lager…



River North Avarice; quando una Imperial Stout incontra una Saison. Birra scura, note amare dei malti tostati, sapori a cioccolato si combinano con le note piccanti del peperoncino derivanti dall’uso dei tradizionali lieviti belgi.



Triple Digit Decimation; una Barley Wine di frumento (Weizen). Un “vino di frumento“ accompagnato da miele e malti caramellati a cui si aggiungono le note citriche e resinose dei luppoli.



Saranac White IPA; l’unione tra una Witbier e una APA (american/imperial pale ale). L’amaro dei luppoli americani (in questo caso Citra) ammorbiditi da aggiunte di coriandolo e bucce d’arancia tipiche di una Witbier, prodotta impiegando l’uso di malti d’orzo, di frumento e di avena.



Karbach Weisse Versa; dubbi se scegliere tra una Weizen o una Witbier ?¿ nessun problema, con questa birra ritroverete le note di scorze di agrumi e coriandolo, aggiunti durante la fermentazione, tipici di una Wit e le note a banana, noce moscata e chiodi di garofano, date dell’uso di malti di frumento, tipici di una Weiss.   

Ovviamente esistono molti altri esempi come Great Crescent Blonde Ale, Ommegang Three Philosophers, Parish Farmhouse IPA, Kasteel Ter Dolen Armand… questo era solo per dare un assaggio…

…In Beer We Trust…
     

giovedì 14 novembre 2013

Introduzione allo stile Russian Imperial Stout

Storicamente lo stile Stout (quello della Guinness per intenderci) nasce in Inghilterra da una costola dello stile Porter, infatti venivano chiamate Stout Porter le versioni più forti realizzate dai birrifici. Successivamente con la rivoluzione di Arthur Guinness, che per inciso era un produttore di birra Porter, lo stile Stout prende la sua strada e inizia a definirsi come una famiglia a se e non più legata con il suo passato. La famiglia Stout oggi è composta da vari stili: Dry Stout, Sweet Stout, Oatmeal Stout,Foreign Extra Stout,American Stout, Russian Imperial Stout… ed è proprio di quest’ultimo che andiamo a parlare…



… queste birre sono nate in Inghilterra e precisamente nel birrificio di londinese di Thrale, intorno al XVIII secolo. All’epoca si avviò infatti la produzione di una birra scura, ad alto grado alcolico e ben luppolata, destinata all’esportazione in Russia, presso la corte dell’imperatrice Caterina II, di cui si narra fosse un’assidua bevitrice. 



L’alto grado alcolico di queste birre, generalmente tra gli ABV 8% e ABV 12% era necessario per evitare che la birra si congelasse nel rigido freddo russo, mentre la generosa luppolatura tra i 50 IBUs e i 90 IBUs, serviva per le sue capacità antisettiche, antibatteriche e conservanti (non esisteva infatti la pastorizzazione delle birre).




Uno stile davvero eccezionale che negli Stati Uniti e in Messico sta avendo un successo incredibile, prova ne è che nella classifica ratebeer top50, 33 birre su 50 sono appunto in stile Imperial Stout (di cui 13 delle prime 16…). Una birra davvero eccezionale in tutte le sue varianti con un bouquet di sapori più o meno accentuati che vanno dal caffè alla cioccolata fino alla liquirizia, note secondarie caramellate e da frutti secchi come prugne o fichi. Sovente, ma non è requisito necessario, visto l’elevato grado alcolico, vengono affinate in botti usate come quelle di bourbon con cui si sposano in maniera perfetta, ma anche di brandy o whiskey (ma non c è limite alla fantasia). Speriamo di vederne presto anche da noi in Italia, visto che fino ad ora non ne ho vista nessuna (ovviamente parlo di ciò che IO ho visto… sicuro ci sarà qualcuno che le importa/vende)…



…In Beer We Trust…

domenica 27 ottobre 2013

Fake BrewDog ... Made in China

Un fake (falso) BrewDog … No, questa volta non ha nulla a che vedere con il loro birrificio, con una qualche loro birra o idea o creazione… nemmeno ha a che vedere con la loro Fake Lager …



… questa volta il fake BrewDog ha a che vedere come la Cina, che sicuramente non fa molto per levarsi di dosso la nomea di paese dei falsi, dei tarocchi, delle contraffazioni (fermo restando comunque le eccellenze la prodotte) … ebbene questa volta sono riusciti a clonare una birreria in stile BrewDog… i c.d. BrewPub…



...ecco il tweet di James  Watt, socio e fondatore del birrificio che avverte come il locale cinese in questione non abbia nulla a che vedere con i loro prodotti ed è un falso, fake appunto… ora a parte che la notizia mi fa solo che sorridere, mi sorge spontanea una domanda… visto non sono affiliati a BrewDog… che birra venderanno al loro interno ¿?  faranno una birra artigianale fake spacciandola come originale BrewDog?¿


…In (real) Beer We Trust…  

sabato 26 ottobre 2013

Snake Venom; la birra da 67,5% gradi

“I limiti sono fatti per essere superati” recita un adagio che tutti conosciamo, e ciò vale per tutti i campi della vita e vale pure nel mondo brassicolo dove si aggiunge un ulteriore capitolo alla decennale saga della birra con il grado alcolico più alto …



… ecco infatti che il birrificio scozzese Brewmeister, già produttore della Armageddon, una birra in stile Eisbock da 65% ABV il 24 ottobre ha presentato e lanciato l’ultima creazione; la Snake Venom, una birra in stile Barley Wine da 67,5% ABV (e che giusto per la cronaca fa’ 2.025 calorie).
Il prezzo di vendita si aggira sugli 80 dollari a bottiglia… 



...che dire, una birra da meditazione da condividere con gli amici in queste giornate che si avviano verso l’inverno!! Non resta che ordinarla via Internet (che gran comodità) e aspettare che il fattorino arrivi a portarmela… Cheers !!



…In Beer We Trust…

venerdì 25 ottobre 2013

Per una definizione di European Craft Brewery

Il giorno 16/10/2013 esce un post alquanto polemico sul sito web del birrificio scozzese BrewDog. Li per li sono rimasto basito, come molti penso aver riso e goduto nel sentirli ribattezzare una birra come la Blue Moon in “Blue Fucking Moon”, ma poi facendomi serio e iniziando a pensarci a mente fredda qualcosa non mi torna…



Il senso del comunicato di James & Martin, soci e fondatori di BrewDog, è il seguente; l’esigenza di definire a livello di Comunità Europea cosa sia un birrificio artigianale e di conseguenza una birra artigianale . Negli Stati Uniti infatti la Brewers Association ha già da tempo dato una definizione generale di birrificio artigianale che è la seguente; 

Deve essere “piccolo” nel senso di avere una produzione annuale inferiore ai 6.000.000 di barili di birra che sono all’incirca 700.000.000  di litri.

Deve essere “indipendente” perché economicamente svincolato dalle grosse aziende del beverage, che possono comunque partecipare controllando fino ad un massimo del 25% del capitale del birrificio.

Deve essere legato alla “tradizione” nel senso che almeno il 50% della produzione deve essere prodotta con solo malto d’orzo.



Ora i ragazzi di BrewDog propongono una loro classificazione come base di spunto da cui partire per una definizione di Birrificio Artigianale Europeo (European Craft Brewery);

Deve essere “piccolo” ovvero avere una produzione di 500.000 ettolitri all’anno.

Deve essere “autentica” ovvero essere prodotta alla “Gravità Originale” (OG;  La gravità è la densità del mosto non fermentato, che è dovuta principalmente alla quantità di zuccheri disciolti) inoltre non devono essere impiegati i c.d. aggiunti come riso, mais, e altri ingredienti al fine di modificare il sapore e abbassare i costi di produzione.

Deve essere “onesto” nel senso che tutti gli ingredienti devono essere riportati nelle etichette, le birre devono essere tutte prodotte all’interno del birrificio la cui ubicazione deve essere riportata e ben visibile sull’etichetta.

Deve esse “indipendente” perché svincolato dalle grosse aziende del beverage che possono al massimo partecipare fino ad un 20% del capitale.



Ma quando all’inizio parlavo di qualcosa che non mi torna in testa mi riferivo ai seguenti ragionamenti… come mai ora di punto in bianco se ne vengono fuori con questa esigenza come fosse la cosa più importante al mondo?¿ Perché offendere una birra come la Blue Moon (giusto per chiarire Blue Moon era un birrificio indipendente, ma di recente è stato acquistato dal gigante del beverage ABInBev, ora la Blue Moon continua a farsi chiamare birra artigianale sebbene non ne abbia più i requisiti… ma siccome vende tanto e bene si è attirata le ire e le prese in giro di tantissime persone). Perché prendersela con una birra americana?¿ cosa interessa a loro visto si parla di Europa? Ma forse era un’indiretta alla Tennent’s che aveva appena dichiarato di iniziare una produzione di birra artigianale nella cittadina di Glasgow …. (Tennent’s era di proprietà del gruppo ABInBev ora passata alla Wellpark Brewery… quinti tutto meno che qualcosa di artigianale)?¿

Inoltre perché non possono essere usati materiali come riso o mais?¿ cosa hanno di male?¿ perché invece usare viagra o anabolizzanti nella birra è più nobile ¿¿ o fare birre da 40 gradi fa’ più artigianale che usare riso?...  



Proprio non capisco come mai BrewDog, che si è sempre distinta per la sua anarchia e indipendenza, per il suo stile punk e non conforme, per l’idea di libertà che mi ha sempre ispirato fiducia e mi ha fatto divertire, ora di punto in bianco se la prendono con il sistema, ma non per scuoterlo ma per regolamentarlo! Cosa è successo?¿ sono invidiosi (come ho letto qualche commento) del boom delle birre artigianali che sta attraversando gli Stati Uniti … o hanno finito le idee per sorprendere noi consumatori (un po’ Geek) che spendiamo anche 20-30 euro per una loro bottiglia?¿ … restiamo in attesa di ulteriori sviluppi della situazione…



…In Beer We Trust…



martedì 22 ottobre 2013

Purl; la birra all'assenzio

[…] “I purl men sono venditori di birra”, spiegò l’uomo, con grande sollievo di Christina. “Sono i loro campanelli, quelli che sente, cercano di farsi notare dai marinai sulle navi ormeggiate. Un tempo aggiungevano assenzio alla birra, il purl e il nome è rimasto” […].

E’ un passaggio del nuovo libro “La Tomba Proibita” di Tim Powers. Ora, dopo aver letto una cosa del genere non potevo non andare a curiosare a approfondire l’argomento, in quanto si parla nello stesso insieme di vari argomenti che sempre mi hanno emozionato; Birra e Artemisia Absinthium o Assenzio Maggiore che ci fornisce, tra gli altri, due prodotti eccezionali quali l’Assenzio e il Vermouth. 

[…]Inverno 1862. Uno spirito malvagio si aggira per le fredde e cupe strade di Londra […] non voglio rivelare di più del libro, ma riporto la frase perché iniziamo a inserirla in un contesto storico, diciannovesimo secolo e Londra, o meglio dire Inghilterra.

Ma facciamo un salto ancora più indietro nel tempo; nel 1690 l’allora re d’ Inghilterra Guglielmo III di Orange vietò l'importazione di distillati stranieri, primo fra tutti il cognac degli acerrimi nemici francesi, favorendo così l'utilizzo delle eccedenze di cereali per la produzione di alcool da destinare alle distillerie di gin, oltre che alla produzione delle birre Ale (birre ad alta fermentazione). La produzione divenne così importante che addirittura si arrivò ad utilizzare il gin come parte del salario da destinare agli operai; le conseguenze furono gravi ed importanti soprattutto dal punto di vista sociale per l'aumento del tasso di alcolismo nella popolazione più povera con importanti ripercussioni di ordine pubblico e di sicurezza.

William Hogarth, "La strada del Gin", 1751


Il governo inglese tentò di porre rimedio con il Gin Acts, tra il 1729 e il 1751, soprattutto aumentando la tassa di distillazione di tale bevanda ma senza esito (giusto per rendere l’idea nel 1743 su una popolazione di 6 milioni,  vengono distillati 70 milioni di litri). Contemporaneamente in Francia ha molto successo, accanto ai vini, un distillato ad alta gradazione alcolica all'aroma di anice derivato da erbe quali i fiori e le foglie dell' Assenzio Maggiore (Artemisia Absinthium), dal quale prende il nome di Assenzio.



Contemporaneamente in Italia fu inventato il Vermut nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano a Torino che è un vino liquoroso aromatizzato da piante aromatiche, delle quali la più importante è appunto l' Assenzio Maggiore.

Tutto questo per far notare come Ginepro e Assenzio Maggiore siano di facile reperibilità nel panorama Europeo, e se consideriamo che l’uso del luppolo, per le sue doti amaricanti, nelle Ale inglesi è di recente datazione, fatta eccezione per le birre in stile India Pale Ale, che comunque erano destinate alle colonie lontane, si comprende un po’ meglio come questi ingredienti siano finiti all’interno della birra che verrà comunemente chiamata Purl; bacche di ginepro per aromatizzare, visto era un sapore che piaceva alla maggioranza e, assenzio per equilibrare la dolcezza, grazie agli oli amaricanti presenti in esso, inoltre ha una funzione antisettica. 



Dal libro del 1802 “The complete family-brewer” di Thomas Threale’s ecco la ricetta del Purl:

Roman Wormwood, two dozen,
Gentian root: 6 lb,
Sweetflag root: 2 lb,
Galanga root: 1-2 lb,
Horseradish: 1 bunch,
Dried orange peel from the Indies: 2 lb,
Juniper berries: 2 lb,
Seville orange seeds, dried: 2 lb.

Il tutto viene posto in una botte, a cui si aggiunge birra in stile Pale Ale o Mild e si lascia a maturazione per una stagione.

Oggi è uno stile molto particolare e difficile da trovare, da quello che so', una versione simile viene prodotta dal birrificio Sonoma Springs , con sede in California e chiamata Green Purl. 

…In Beer We Trust…
   
 

venerdì 18 ottobre 2013

L' America sta per avere la sua prima birra Trappista

In un precedente articolo sulle birre Trappiste e le birre d’ Abazia, scrivevo la seguente frase : “ `[…] ma nulla impedisce ad un nuovo monastero trappista di potersi fregiare del logo Authentic Trappist Product nel momento in cui rispetti le regole […]”. Mai fase fu’ più profetica di questa… e infatti da qualche ora gira in rete la notizia che alla lista degli 8 monasteri abilitati ad usare il marchio Authentic Trappist Product se ne sta per aggiungere un’ altro. 



Voglio ricordare che 6 monasteri sono ubicati in Belgio, 1 in Austria e 1 in Olanda, mentre il nuovo viene direttamente… (… creiamo un po’ di suspance …) dagli Stati Uniti ¡! 



Infatti il monastero cistercense di St. Joseph's Abbey, nella cittadina di Spencer, Massachusetts, ha ottenuto il riconoscimento dall’Associazione Trappista Internazionale (ITA) affinché la birra da loro prodotta possa fregiarsi del logo Authentic Trappist Product.



Dall’etichetta si evince che probabilmente sarà un birra in stile Golden Ale, da 6,5% ABV.



Sono davvero contento di questa notizia e spero di poter provarla il prima possibile, nonostante l’ultima volta che questo è avvenuto, il risultato è stato inferiore alle aspettative (parlo della prima volta che ho provato quella che era la “nuova” trappista Austriaca, la Benno… )

…In (Trappist) Beer We Trust… 

martedì 15 ottobre 2013

Birrifico Lucky Brews e la loro Winternest

Mi fa’ sempre piacere quando incontro qualcosa che riesce ad emozionarmi… e nel campo delle birre oramai non è cosa semplice, visto ho la fortuna di averne provate e degustate molte (rispetto alla media delle persone, non in assoluto ovviamente). Ma l’altro giorno sono tornato ad emozionarmi (come un bambino); era in programma in un paese vicino dove vivo io il festival chiamato “Arte Cultura e Luppolo 3^ Edizione (Festival della birra Artigianale)” a cui partecipavano vari birrifici, c’erano ricchi stand dove mangiare, mercatini e mostre…  e ovviamente non potevo mancare ¡! Ora la qualità generale della birra mi è sembrato davvero buona, l’unico appunto che mi permetto di fare è il seguente, ma che vale in generale anche per altre manifestazioni simili… Il bicchiere di birra costava 3,50 Euro… ma non critico il prezzo in se, conosco bene i prezzi di produzione/tasse/lavoro …  critico la quantità di birra che servono, NON nel senso che il bicchiere era troppo piccolo, anzi ¡! Era troppo grande, per chi come me vuole provare il più possibile risulta difficile bere bicchieri di birra da 20 cl, perché se io inizio con una Bock da 7,5% Scotch Ale da 7,5% Tripel da 8,5% … arrivato alla terza stavo già pieno… sarebbe stato bello aver potuto avere, chiaramente sempre pagando (questo non si discute) un assaggino di tutto, così da poter provare una varietà maggiore di prodotti…  
Ma torniamo a noi ¡! Tra le poche provate non potevo farmi mancare la nuova creazione del birrificio Lucky Brews “Raw but Different” che proprio alla manifestazione lanciavano l’ultima creazione ovvero la Winternest, una Scotch Ale da 7,5%. 



Premetto che partivo con grande aspettative visto sono solito bere le loro birre Japa e Apollo...



...e così dopo aver fatto quattro chiacchere con il mastrobirraio che mi ha spiegato un po’ la storia e le caratteristiche della birra, con il mio bel bicchiere in mano mi accingo a berla…. Primo sorso…  Birra affumicata, ma a differenza di una birra tedesca in stile Rauchbier il sapore è più dolce, meno a affumicato nel senso di sentori a legno, e più a malto affumicato, dolce, avvolgente, equilibrato! Mi desto dal torpore sei sensi e inizio a riflettere tra me e me, prendo la bottiglia e scruto tra gli ingredienti il malto  Peated, lo associo allo stile ed ecco che tutto mi è più chiaro; il malto Peated è anche conosciuto come Peated Whisky o Smoked, ma a differenza di altri malti affumicati è essiccato con la torba, un carbone di origine vegetale tipico delle regione della Scozia.



Detto in maniera volgare e per semplificare il concetto, viene impiegato malto d’orzo che si utilizzerebbe per la produzione del whisky. Questa tradizione nasce nella Scozia del 19 secolo modificando la ricetta delle Pale Ale Inglesi che tanto andavano di moda, e l’impiego di malti affumicati fu’ storicamente usato per compensare nel gusto la carenza di approvvigionamenti di luppoli che non riuscivano a crescere nelle fredde regioni della Scozia.

Una ottima birra anche se non facile da bere per tutti! Una birra da meditazione per l’inverno che avanza... 



Dimenticavo di citare l’altro ingrediente fondamentale della linea di birre della Lucky Brews; come riportato sulle etichette tutte le loro birre contengono lo 0,01% di fortuna (data dall’uso di quadrifogli). Sembra poco, ma non guasta mai! 

…In Beer We Trust…